INTERVISTA AD ANDREA CARLO CAPPI
Scrittore thriller ... e bravo ragazzo.
Riusciamo a strappare un’ora allo scrittore Andrea Carlo Cappi, che arriva in redazione trafelato e sudato! Gli offriamo un wisky liscio, lui si accende un vistoso sigaro ed inizia l’intervista.
Vista la tua indiscutibile esperienza di narratore, perché non ci racconti come è nato Cappi lo scrittore?
Cappi, così come lo intendiamo oggi, è nato quando avevo circa sei anni. Era il 1970, un’epoca in cui tra televisione, fumetti, cinema e altri mezzi di comunicazione c’erano, paradossalmente, molti più stimoli di quanti ce ne siano oggi, cinema in prima linea. Infatti i famosi “poliziotteschi” e lo spaghetti western risalgono a quel periodo. Poi c’era Diabolik a fumetti, arrivavano i primi film di James Bond … insomma, nell’aria c’era creatività in fermento!
Ed è verso i sei anni, dicevo, che vedo il mio primo film di Hitchcock al cinema (Intrigo Internazionale), poi il mio primo film di James Bond (proprio il primo, quello del 1962, che era ancora in circolazione!), leggo i miei primi albi di Diabolik, i romanzi di Emilio Salgari, m’incuriosisce Agatha Christie, così comincio ad assimilare questo mondo fatto di stimoli diversi. Era inevitabile che cominciassi a pensare che mi sarebbe piaciuto scrivere delle storie.
Il mio primo romanzo è del 1991 e anche se non è mai stato pubblicato, ci sono tuttora persone che si ricordano di aver letto il dattiloscritto. Uno di questi è Stefano Di Marino, che adesso è un mio collega.
Siamo al ’91 quindi, ed io sono a un bivio: o finisco l’università e mi metto a fare un lavoro serio, oppure continuo a tentare di fare lo scrittore. In quel periodo mi venne segnalato un concorso del programma Radio Detective di Radio Rai nel quale si invitava il pubblico a mandare dei racconti che venivano poi letti in radio da un tizio con la voce di Hitchcock. Ovviamente partecipai. Ma mentre mi recavo in posta a spedire il testo mi sono detto: «Va bene, questo è l’ultimo tentativo, se va male anche questa volta vuol dire che devo lasciar perdere»… è stata la risposta più rapida mai ricevuta nella mia vita! Una settimana dopo mi telefona il regista/produttore del programma radiofonico: il mio raccontino è piaciuto al punto da chiedermi di farne un adattamento radio e di scrivere altri soggetti per la serie.
Non aspettavo altro!
Comincio a scrivere soggetti per questa serie radiofonica e, come capita spesso nel magico mondo della burocrazia, una serie di documenti non spediti fa naufragare il mio sogno perché quando il programma è pronto per andare in onda la Rai si è dimenticata di mandarmi il contratto. Il risultato? Radio Detective non viene trasmessa e i miei racconti restano lì.
Non mi sono perso d’animo. Il programma di Radio Rai era collegato con il Giallo Mondadori e quindi andai a bussare alla loro porta ottenendo di scrivere i racconti d’appendice della prestigiosa rivista.
Da qui poi sono partite altre serie, collaborazioni con l’altra collana mondadoriana Segretissimo, ruoli prima come revisore poi come traduttore, editor, curatore di antologie, etc.etc. Sino ad oggi.
E di fatto attualmente di cosa ti stai occupando?
Continuo a fare lo scrittore; ho appena finito di scrivere il secondo romanzo di questo anno, romanzo che - insieme al precedente - è in realtà parte di un esperimento che non avevo mai tentato prima, cioè scrivere due romanzi che partono dallo stesso incipit e poi vanno avanti in due direzioni diverse, con eventi assolutamente paralleli.
Il bello è che il lettore può leggere un romanzo e non sapere assolutamente che cosa accade nell’altro. Uno ha per protagonista Diabolik, l’altro Eva Kant. I due romanzi si muovono a incastro, quindi sono impazzito per combinare tutti gli eventi: un lavoro assurdo, che è nato come spesso capita da una costrizione dell’editore, ma anche dal fatto che avevo in mente da tempo di dedicare un romanzo a Eva Kant da sola, per dare la possibilità a questo personaggio di dimostrare la sua indipendenza.
Ci siamo: adesso vogliamo sapere qualcosa di più sul tuo rapporto con Pinketts…
Nel ’94 collaboravo con la storica “Libreria del Giallo” di Milano (adesso purtroppo chiusa), la cui titolare, Tecla Dozio, era la co-organizzatrice e presentatrice, insieme a Pinketts, delle serate milanesi dedicate al Giallo. La signora Tecla mi mandò a sostituirla in queste serate... e così che ho conosciuto Pinketts!
Naturalmente è nato un sodalizio che dal 2000 ha portato alla nascita della Rivista del Mistero. Col passare degli anni però le nostre frequentazioni si sono affievolite e, vuoi per i suoi tour promozionali, vuoi per i miei impegni, finisce che ci vediamo solamente il giovedì, giorno in cui facciamo la serata del Giovedì Giallo al Sud, anche se abitiamo nella stessa città e per giunta a poche centinaia di metri!
Direi che quella con Pinketts è una delle amicizie più durature e solide nel campo dell’editoria. Pinketts, alla lunga, si è dimostrato un bravo ragazzo, nonostante abbia cercato per tutta la sua vita di avere quest’apparenza da bad boy maledetto!
Un po’ come te, no?
Bèh… no, io sono un bravo ragazzo che spera di essere scambiato per un serial killer. Vorrei essere peggio di un cattivo ragazzo: una persona che minaccia e intimidisce quelli che stanno intorno a lui, perché ho scoperto che - per esempio - per mandare avanti una casa editrice essere gentili, cortesi e professionali non sempre rende. Se fai il collaboratore socievole molto spesso vieni trascurato e vieni considerato un cretino. Questo dimostra che non ho l’attitudine del leader e non potrò mai diventare Presidente del Consiglio… però fa sì che io sia considerato tuttora una brava persona nonostante sia nel giro dell’editoria da ormai diciotto anni. Un buon risultato, direi! Se i bravi ragazzi vanno in cielo e se esiste un paradiso degli scrittori, probabilmente non mi ci faranno entrare perché qualcun altro più bastardo avrà usurpato il mio posto!
Ma parlaci del tuo ultimo progetto. Cosa hai tirato fuori dal cappello?
Un’antologia: La Sete. E, come molto spesso capita con le antologie, ha un passato avventuroso che vi vado a raccontare: anni fa era stato deciso di realizzare un’antologia sui vampiri ma l’editore sparì e del progetto, che contava già un discreto
numero di racconti, non si seppe più nulla.
A differenza di molte altre antologie però, questa - essendo sui non morti - non è morta e ha trovato il modo di vendicarsi! Da quando con Twilight il vampiro è tornato di moda e i teenager, che non avrebbero mai visto un mezzo pipistrello in tutta la loro vita, scoprono i vampiri. Questi sono totalmente diversi da quelli dei 150 anni di storia della letteratura precedente. Noi siamo cresciuti con il Dracula col mantello o con i vampiri trendy-dandy tipo David Bowie e Catherine Deneuve di Miriam si sveglia a mezzanotte, con i combattenti di Underworld… ne abbiamo visti veramente tanti, ma fondamentalmente erano vampiri. Adesso c’è il vampiretto buono, con tutta la faccina glitter! Tutto fuorché un vampiro: è solo un po’ palliduccio, però è un bravissimo ragazzo!!
Quindi questa antologia, nata con un aspetto innovativo per l’epoca (trasportare in Italia il mito del vampiro e farlo lavorare ad autori horror italiani), è diventata qualcosa che rovescia completamente la tendenza attuale: racconti che in fondo erano una tradizione, riportata sul panorama italiano, diventano una grande trasgressione all’attuale moda del vampiro. I protagonisti de La Sete sono i vampiri di una volta, sono affamati, sanguinari predatori, notturni, magari anche belli ed apparentemente ripuliti, anche perché in molte versioni Dracula era un personaggio seducente e affascinante e di questo si serviva per ghermire le sue vittime. Sinceramente io non ce lo vedo Dracula con tutti brillantini in faccia come se avesse fatto il “bagnetto delle fate”!
Ecco allora che l’antologia è uscita dalla bara. Alcuni degli autori selezionati dieci anni fa sono oggi molto noti, come Stefano Massaron, che adesso è un autore più che affermato, o Gianfranco Nerozzi, altro autore riconosciuto nel campo dell’horror e del thriller, poi c’è anche un certo Cappi… insomma, un cast che evidentemente era stato scelto benino già all’epoca!
E per finire, c’è un consiglio che vuoi dare, magari anche relativo al mondo del fumetto, su qualche novità o autore?
Il mio consiglio è che leggere un bel fumetto è come leggere dei buoni romanzi. Certe storie di Batman scritte da Frank Miller (l’autore di Sin City) sono paragonabili a degli ottimi romanzi.
Anche a me piacerebbe tornare a navigare nel fumetto e ogni tanto mi vengono delle idee ma dovrei avere il tempo di sceneggiarle e trovarmi un editore. Del resto sono ormai 10 anni che non esce una storia a fumetti scritta da me!
Bisognerà rimediare. Dopo potrò consigliare di leggere un fumetto di Cappi.
(intervista e recensione di Irene Roghi)
____________________________________________
LA SETE
15 VAMPIRI ITALIANI
A cura di Alberto Corradi e Massimo Perissinotto
Coniglio Editore
Un libro che non passa certo inosservato: sarà pur piccolo e nero, ma con quella copertina è dura non restarne colpiti. E se poi avete anche il coraggio di leggerlo, questo libro, il colpo andrà sempre più a segno, racconto dopo racconto. Qui si parla di vampiri, di quelli seri, che magari vivono nel nostro mondo come moderni serial killer, hanno mogli, fidanzate e perfino una certa vita sociale…ma sono vampiri. Uccidono, mordono, sgozzano e bevono sangue. E non solo di ingenue vergini dalle vesti candide e fluenti… qua di ingenuo non c’è proprio nulla: c’è il vampiro in tutta la sua forza, ed è una forza tutta italiana.
Agli appassionati piacerà per l’inedita varietà delle storie e il talento degli autori, gli altri di sicuro ne apprezzeranno quantomeno il coraggio e l’ironia, motivi per cui è sicuramente un libro da comprare: dopotutto, come recita l’interno copertina, qualcosa dovrete pur mettere nelle vostre nuove librerie Ikea!